Sceneggiatura e regia Makoto Shinkai

Produzione CoMix Wave Films

Distribuzione Toho

Colonna sonora Radwimps

Premessa.

Non adoro utilizzare la parola emozione e le sue varie declinazioni. La trovo abusata, una facile scorciatoia, un pass partout, che spesso non rende la complessità ed importanza ad essa connotata. Proprio per questo ho sempre qualche esitazione, forse più di una, nell’usarla. Con le opere di Makoto Shinkai risulta però estremamente complesso ometterla. Proverà ad usarla con parsimonia e cercando di definirla al mio meglio. 

Perché vedere Your name? Quantomeno perché il film ha avuto un impatto sociale in Giappone importantissimo. Ha totalizzato i maggiori incassi nella terra del sol levante superando tutte le pellicole di Hayao Miyazaki, è risultato il quarto film come numero di spettatori (1) e risulta essere tra gli anime più visti nella storia. Non male per l’opera di un regista appena quarantenne. Oltre a queste curiosità sociali Your name è da vedere per la qualità realizzativa e perché è stato in grado di affrontare tematiche estremamente complesse mantenendo un linguaggio vicino ad adulti ed adolescenti. E poi, naturalmente, perché è un bel film.

L’idea del plot non è per niente originale, bisogna dirlo. Una lei e un lui, adolescenti, scoprono di risvegliarsi nel corpo dell’altra/altro e, dopo un po’ di tempo, di ritornare nel corpo originario. Fatto questo che avviene più volte senza che possano controllare il fenomeno, sapere quanto tempo trascorreranno in quel corpo e, almeno inizialmente, chi sia l’altra persona e le differenti relazioni. Un incipit apparentemente da commedia degli equivoci diventa, nelle mani di Makoto Shinkai, una storia d’amore credibile, nonostante il lato fantastico-fantascientifico, che riprende alcune delle grandi domande a lui care: cosa siamo disposti a fare per l’amore? Quali sono i nostri doveri nel confronto del prossimo? E’ più importante il bene della comunità o quello del nostro amore?

Il film si suddivide in due parti. La prima, dicevamo, vicina alle commedie body swamp-dello scambio di corpo, ha una sceneggiatura sicura che ci accompagna in un continuo gioco di scoperte e facili, ma non banalizzanti, colpi di scena.

Conosciamo così le storie di Mitsuha e Taki, i due protagonisti, e rafforziamo in noi l’idea di avere davanti una divertente commedia d’amore. Poi la colonna sonora inizia a cambiare, e con esso anche il film, accompagnandoci in quella che è la seconda parte.

Se, come dichiarato dallo stesso regista, il film presenta nella seconda parte delle carenze nella sceneggiatura è sul lato emotivo che il lavoro di Shinkai esonda proprio dove la sceneggiatura si fa meno sicura. Quasi un cambio di registro e di linguaggio in cui la storia necessità nello spettatore una forma di partecipazione differente. Siamo chiamati ad immergerci nel succedersi degli eventi in una corsa legata al qui ed ora che diventa il qui e ora dello spettatore stesso. Il nostro sentire è ciò che ci guida, così come quello dei personaggi. Non abbiamo tempo per interrogarci più di tanto sulla coerenza della narrazione, la viviamo in prima persona. Le scelte estetiche, è innegabile, facilitano questa forma di relazione, fruizione, film-spettatore. Ogni paesaggio, inquadratura, porta alla contemplazione portandoci all’immersione in un luogo altro.

Le dualità già affrontate con comicità nella prima parte del film si aprono ad un approfondimento differente. Alcune fisiche come il rapporto tra città e campagna. Altre sociali come quelle tra vita legata alle tradizioni e modernità e tra passato da rispettare e nuovo che permette di stare nel mondo contemporaneo. Coppie, spesso permeate di richiami allo shintoismo, impersonificate nei personaggi di Taki e Mitsuha e localizzate nelle rispettive città di Tokyo, la grande metropoli in cui vive Taki, e Itimori, la piccola città di campagna adagiata su un lago in cui vive Mitsuha. Dualità che si collega al grande tema del rapporto tra tecnologia e natura e salvaguardia della vita, di cui si sentono richiami a Nagasaki e Fukushima. 

In questa seconda parte del film l’abitare il corpo dell’altra/o esplicita il suo essere esperienza di alterità che permette di sviluppare un percorso di scoperta di se stessi e ritornare nel proprio corpo cambiati e vedersi con lenti nuove.  Il ritorno nel proprio corpo e nella propria vita diventa uno straniamento che permette quella giusta distanza grazie alla quale vederci da fuori grazie all’aver vissuto in un corpo, luogo, tradizioni, diverse dalle nostre. Vedere la propria vita prendere altre strade grazie alle scelte prese dall’altra persona, scoprire di poter essere altro, sono parti integranti del percorso di incontro-scontro con l’alterità. Shinkai connette questi meccanismi e possibilità anche all’innamoramento punteggiando la relazione, in questo caso realmente a distanza, come luogo di scoperta e cambiamento. In cui poter esser altro e deviare da un percorso prefissato.

In questo si unisce il tema del tempo. Un tempo del possibile in cui ogni scelta porta ad una scoperta ma anche al perdere ciò che non è stato scelto. Ed ecco un tempo del rimpianto dato dal trascorrere e non poter essere tutto. In cui a volte è necessario scegliere senza pensare, come vediamo nel finale del film, concitato e legato alle scelte ed alla forza di volontà di Taki e Mitusha. Non è forse un caso che i due si incontrino proprio nello spazio in cui il tempo scorre sospeso e dove il potenziale si eleva alla massima potenza: il reame di Morfeo. Anche il risveglio dei protagonisti, alla fine del film, è infatti legato al rapporto tra sogno e tempo. Shinkai riesce così a non cadere nel facile rischio del melodramma adolescenziale e della commedia dello scambio di corpo riadattandone alcuni topoi al proprio stile e domande personali. 

Da segnalare, a livello extradiegetico, come la colonna, sempre molto curate nei suoi lavori, sia stata realizzata appositamente dal gruppo Radwimps a cui Shinkai ha chiesto un lavoro che fosse “ un completamento al dialogo o al monologo dei personaggi” (1). Il risultato, al di là dei gusti personali, è di un costante dialogo diegetico-extradiegetico in grado di esaltare la capacità del film di enfatizzare il lato esperenziale-emotivo del film.

Il consiglio è di vederlo possibilmente con un pubblico misto, adulti e adolescenti, perché penso possa offrire dei possibili scambi, confronti, stimolanti se affrontati con la giusta curiosità reciproca. Chiudo questa breve recensione avendo scritto la parola emozione solamente due volte. Temevo peggio. Buona visione e ascolto.

Rilanci

Your name di Makoto Shinkai, per la traduzione di Salvatore Corallo, edizioni J-Pop. Si tratta del romanzo edito più o meno negli stessi giorni del lancio del film.

Età 

Personalmente ho proposto Your name dagli undici anni in su. La riflessione sull’età, in questo caso più che in altri, oltre che per le tematiche affrontate, va esplicitata rispetto alla difficoltà dell’intreccio, che nella seconda parte possono risultare complesse per chi non è abituat*. Risulta essere un film capace di affascinare sia i pre-adolescenti che gli adolescenti più grandi.

Approfondimenti

Interessante e completa pagina di wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Your_Name.#:~:text=(%E5%90%9B%E3%81%AE%E5%90%8D%E3%81%AF%E3%80%82,pubblicato%20il%2018%20giugno%202016.