melita cavallo

Il 12 Novembre alle h 17.00 il Master vi dà appuntamento al seminario dal titolo: Esperienze di genitorialità e di adozioni nelle aule dei tribunali che terrà la dott.ssa Melita Cavallo.

Partecipazione gratuita!

Per chi fosse interessato è pregato di inviare una mail alla tutor Dott.ssa Alessandra Chiaromonte: alessandra.chiaromonte@unife.it entro le h 15.00 dell’ 11 Novembre.

I 40 anni vissuti nei Tribunali per i minorenni di Milano, Napoli e Roma, ed anche la mia esperienza come presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali, mi hanno consentito di toccare con mano i cambiamenti della famiglia in una società che andava acquisendo, dagli anni Settanta in poi, consapevolezza dei bisogni della infanzia e dell’adolescenza e attenzione alla responsabilità dei genitori a dare risposte adeguate alle esigenze dei figli. In quel periodo – che ricordo come un’età aurea della magistratura minorile italiana, che non si è più ripetuta – i giudici minorili, da Milano a Palermo, da Torino a Napoli, da Firenze a Catania, da Genova a Bari, da Roma a Potenza (ricordo tra tutti Alfredo Carlo Moro a Roma, Giovambattista Scidà a Catania, Paolo Vercellone a Torino, Gian Paolo Meucci a Firenze, Franco Occhiogrosso a Bari) si interfacciavano per discutere e proporre modifiche legislative che negli anni successivi cambiarono l’approccio istituzionale alla famiglia in termini di aiuto e sostegno. L’obiettivo era semplice e chiaro: mettere al centro l’interesse superiore del bambino e orientare la legislazione e la giurisprudenza verso questo fine. E questo semplice e rivoluzionario concetto io, all’epoca giovane magistrato, ha assorbito e metabolizzato nel profondo, ed è stato – si può dire – l’unico riferimento della mia attività professionale; e anche i miei libri sono finalizzati, attraverso le testimonianze di vita vissuta, a diffondere il messaggio di come sia irrinunciabile, non solo per ragioni etiche ma anche di convenienza sociale, perseguire questo obiettivo. Si cercò di abbattere di abbattere i muri di quelle case che celavano maltrattamenti e abusi, quale che fosse il livello di appartenenza sociale. Iniziarono a entrarvi gli assistenti sociali, e pervennero ai giudici minorili le relazioni su problematiche gravi ed evidenti, mai attenzionate fino ad allora. Si lavorò sull’abbandono scolastico, perché molti erano i genitori che non davano valore alla scuola e mandavano i figli a lavorare già dopo la scuola elementare; sui maltrattamenti in famiglia, diffusi e pesanti ma ritenuti legittimi: la donna li subiva come li subivano i figli dal padre-padrone; anche gli abusi sessuali erano molto diffusi e sempre sottaciuti, come pure gli abusi su figli disabili e omosessuali. La madre non poteva contraddire il marito, non aveva voce, non aveva lavoro, e quindi non aveva denaro, non aveva autorità alcuna. L’inadeguatezza genitoriale, la prevaricazione dell’uomo sulla donna era non solo tollerata, ma accettata. Le leggi sul divorzio, sull’aborto, sulla maternità, sul lavoro femminile hanno inciso profondamente su questa realtà sociale, liberando le donne dal giogo maschile. Nei miei libri ho cercato di evidenziare questa così profonda evoluzione. La mia esperienza nel campo delle adozioni è stata molto vasta e partecipata emotivamente perché recidere per sempre i rapporti di un bambino con la famiglia di origine, se pure la decisione è presa collegialmente, resta nella memoria. Non poche tra le adozioni dichiarate, nonostante la piena convinzione sulla sentenza emessa, mi hanno lasciato una sofferenza dentro per la consapevolezza che quella madre non era stata aiutata in tempo. Ho dichiarato molte centinaia di adozioni; e sempre mi tornano in mente quei bambini, che sono oggi uomini e donne, padri e madri; e le loro storie, e i loro volti spesso mi fanno compagnia; e spero che siano sereni. E quando mi è capitato di incontrar qualcuno di loro, che mi ha riconosciuta e fermata, mi sono commossa a sentire che ricordavano, dopo tantissimi anni, quanto avevo detto loro perché accettassero l’adozione. Tutti i miei libri testimoniano le realtà che ho vissuto istruendo i procedimenti che vedevano genitori e figli protagonisti di vicende familiari struggenti, e quasi inverosimili, per la gravissima incuria dei genitori: la violenza in tutte le sue forme, fisica, psicologica e sessuale; l’utilizzo e lo sfruttamento del figlio minore nella rapina, nel taglio e nello spaccio della droga; nella consegna di materiale porno; nella prostituzione. Il mio primo libro, dedicato ai ragazzi che avevo incontrato nel mio ruolo di presidente del dibattimento penale, si intitola “Ragazzi senza”: è dedicato a quei ragazzi che cadono dal disagio nella devianza e infine nella delinquenza per l’assenza di una rete che impedisca questa caduta, costituita dalla famiglia, dalla scuola, dalla società per sostenere l’infanzia e l’adolescenza difendendole da coloro che violano e mortificano il loro percorso di crescita. Mentre lavoravo alla Commissione Adozioni Internazionali ho scritto “Figli cercasi”, finalizzato a informare sulla cultura dell’adozione internazionale, sulle procedure, sugli enti autorizzati, per rendere fruibile a tutti il significato di questa adozione, che può apparire più facile di quella nazionale perché basta aver del danaro per portare a casa un bambino piccolo e sano; ma tale non era, e adesso lo è ancora meno. Dei due libri editi da Laterza: “Si fa presto a dire famiglia” e “I segreti delle madri”, il primo attenziona le separazioni, le plurime convivenze, le convivenze omosessuali, e il secondo riguarda la ricerca delle origini da parte dei figli nati da parto anonimo. Sono entrambi frutto della mia esperienza lavorativa in questi due settori maturata nel corso della presidenza al Tribunale per i minorenni di Roma. Infine l’ultimo libro “Solo perché donna”, cerca di indagare il perché della violenza di genere e la ricaduta sui figli, vittime di oltraggio alla loro infanzia.